Si è fatto, e giustamente si continua a fare anche su queste pagine, un gran parlare dell’economia della conoscenza, già diventata così importante da far parlare di passaggio epocale dalla cultura del fare a quella del conoscere.

D’accordo, ma com’è, o come dovrebbe essere, il manager della conoscenza?

La risposta non può essere che, apparentemente, banale: deve conoscere. Già, ma cosa e come. Con che mezzi e destinando quante e quali risorse alla conoscenza? Rinunciando a cos’altro?

Prima di tutto deve conoscersi, e non è impegno da poco. Conoscere se stessi significa capire i propri limiti e quindi anche dove concentrare i propri sforzi per migliorare.

Cosa già conosciamo e cosa ancora da conoscere, dunque tutto quì? Riduttivo.

Forse occorre partire da un po’ più lontano, dalla differenza, che s’impone evidenziare pur da non addetti, tra cultura e conoscenza.

La cultura, che ci ha molto aiutati e molto ancora ci aiuterà, è un formidabile mix di conoscenza del passato e del presente, che può anche servire ad intuire i segni del cambiamento, del futuro. Ma si tratta di conoscenza metabolizzata, neuronica congiunzione tra cose, azioni e pensieri.

La cultura dura nel tempo, e si evolve nella misura in cui siamo attenti alle cose della vita, dell’arte o della politica, solo per dire di qualcuno degli infiniti intrecci da elaborare e collegare tra loro, per trarne un senso filosofico o sociale, o quant’altro.

La conoscenza, potremmo invece azzardare, è solo uno strumento della cultura. Uno dei tanti, tra i quali certamente l’intelligenza. Risorsa quest’ultima, che non è detto sia sempre indispensabile ˝solo˝ per conoscere.

E non è neppure detto che la conoscenza debba durare nel tempo. Anzi, forse dura sempre solo il tempo necessario, per far poi spazio a nuove conoscenze più attuali e utili al nostro sviluppo personale e professionale.

Come non ricordare Thomas S. Eliot?
˝Where is the wisdom we have lost in knowledge?
Where is the knowledge we have lost in information?˝

Dov’è la saggezza che abbiamo perduto nella conoscenza? Dov’è la conoscenza che abbiamo perduto nell’informazione?

Riflessione di quasi un secolo addietro, ma attualissima nella sua lucida rappresentazione della velocità del cambiamento, che impone nuovi ritmi alla conoscenza. O, meglio, all’utilità del conoscere le cose finché sono utili, importanti per ciò che avevamo in mente. Non è detto che sia un bene, ma è così. Siamo informatissimi, ma non è detto che ciò significhi sempre anche arrivare a conoscere.

Della saggezza poi, meglio tacere.

Di questa conoscenza, forse poco da saggi ma così importante per la sopravvivenza, vogliamo parlare. Della capacità del manager di arrivare a conoscere le cose utili al momento giusto.

Sappiamo, ad esempio, che oggi non è più così importante, come nel presente-passato, disporre di una particolare e sofisticata tecnologia. E’ sufficiente, e quasi sempre più redditizio, sapere chi ne dispone con competenza e se è disposto a fornirci i suoi servizi in termini economicamente e qualitativamente per noi vantaggiosi.

Ciò consente un time to technology, altrimenti non perseguibile con la tradizionale filiera della ˝produzione˝: cosa mi serve? chi lo vende? faccio un investimento, formo le mie persone, comincio a produrre, ecc. Sperando che nel frattempo la domanda non si sia affievolita, e quindi di poter quadrare il nostro conto economico.

Ciò non significa fare Impresa virtuale, beninteso, e nessuno si faccia illusioni che sia meno faticoso e meno rischioso che fare Impresa reale, semplicemente è diverso. Diverso e, forse, indispensabile.

Ma non è un passaggio di poco conto. Saremo capaci di questo cambiamento, saremo capaci di diventare novelli internauti della conoscenza? Già, perché la conoscenza è, o sta per arrivare, tutta lì, su Internet. Quella ˝rete˝ che abbiamo a volte guardato con diffidente superficialità, quasi un trastullo da ragazzi, o quantomeno da tempo libero.

Del resto le cocenti delusioni della moltitudine di start-up colpite e affondate senza pietà dal mercato e l’afasia di un e-commerce che tanto fatica ad affermarsi in modo generalizzato, hanno convinto quasi tutti che Internet resta, per ora, soprattutto un eccellente mezzo di comunicazione, una formidabile vetrina mediatica per farsi conoscere. Appunto.

Buona navigazione. Pardon, buona conoscenza.